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Ines Cicirelli

I Vruchi di Fiumefreddo

Calabria

La Calabria e' stata attraversata da una molteplicita' di culture dovute alle varie dominazioni dalle colonie greche e di Roma, passando poi per Arabi, Normanni, Svevi, Francesi, Spagnoli e per un brevissimo periodo dagli Austriaci, che ne hanno determinato non solo la storia, ma anche gli usi ed i costumi.

Anche la cucina ha risentito di queste influenze per cui vi si trovano radici greche, romane, arabe, normanne, francesi, spagnole. 

I "laganon" erano una prelibatezza alla mensa di "Sybaris" fiorente colonia greca in Calabria oggi Cassano allo Ionio e questo termine e' usato per alcuni cibi, cosi' come sono arcaici i maccheroni fatti di acqua e farina cibo povero, lavorati a mano dalle donne con il ferro della calza o con i rami dei salici fatti seccare e che in ogni paese nel linguaggio dialettale hanno vari nomi (ghiongari).

Fin dall'eta' adolescenziale, alle bambine s'insegnava a fare le lagane, farina impastata con le uova e la pasta con il ferretto.

Cio' rientrava nel patrimonio culturale che "la brava donna di casa" doveva avere per essere tale e questi tipi di pasta avevano importanza per il "Cucinatu".

In dialetto calabrese non esiste la parola cibo, ma "cucinatu" che indica calore della casa, organizzazione della dispensa alimentare, desco imbandito, affetti familiari ed amicali, quindi il "cucinatu" come momento vivo di partecipazione umana e di dialogo.

Fiumefreddo ha una cucina mediterranea di campagna e di mare.

Considerando la morfologia del territorio "u cucinatu" e' legato alla cultura contadina e marinara.

Si citano alcune pietanze:

la frittata di patate;

la pasta imbottita al forno "sagne chine";

spaghetti conditi con olio fritto con aglio mollica di pane e filetti di alici salate che si usavano solitamente la sera della vigilia di Natale e che costituiscono uno dei tredici piatti della festivita';

baccala' cucinato in vari modi ed e' sempre presente sulla tavola sia dei ricchi che dei poveri la notte di Natale; 

polpette di melanzane;

alici "arriganate";

alici infarinate fritte condite con origano e aceto;

pesciolini piccoli di alici "angiola" infarinati e fritti;

le frittule, pezzi di carne di maiale bolliti nella sugna e serviti con verdure solitamente cavoli.

E' un piatto che si cucina il giorno che si uccide il maiale, operazione che viene espressa in dialetto "fare u puorcu".

Per le frittule si invitano parenti ed amici e queste sono un momento di aggregazione sociale e di incontri affettuosi e costituiscono dei veri banchetti.

Dalle frittule si ricavanono anche pezzetti di carne residui della bollitura del grasso, che assumono secondo i vari paesi calabresi  nomi diversi scarafuogli, frisuraglia, frisuli, salimora.

La frisuraglia si conserva in vasetti di terracotta tiana o pedanna.

Una lavorazione particolare e' la gelatina di maiale pezzetti di carne zampe,code,testina bollite con acqua e foglie di alloro.

Quando il tutto e' cotto, nell'acqua di bollitura si inserisce l'aceto viene mangiata fredda.

Dal maiale si ricavano molti altri prodotti che sono conosciuti in Italia e all'estero come il capicollo, la sopressata la nduia.  

Il Maiale viene allevato da piccolo"u passaturu" e nel passato veniva comprato nelle fiere, viene accudito ed alimentato con cura quasi con venerazione e costituisce gioia e speranza, cibo per tutto l'anno.

"Fare u puorcu" costituisce una festa importante quasi un rito, ove il peso raggiunto del maiale rappresenta un vanto per tutta la famiglia, per tradizione e per buon augurio il capo famiglia deve essere presente.

Quindi fare "u puorcu" assume il carattere di festa domestica, una cerimonia magica quasi religiosa, che si riallaccia ai romani i quali in onore dei "Lari", Dei protettori della casa, sacrificavano il maiale, alla lavorazione del maiale contribuiscono i parenti e gli amici.

 

Importante e' la provvista delle "bottiglie di pomodori" per i mesi invernali. 

Praticata con una metodologia collaudata basata su esperienze antiche tramandate da madre in figlia. 

In questa attività come in altre vi e' il rituale del matriarcato.

Fare Le bottiglie comporta molto lavoro, fuochi potenti accesi di solito con la legna sotto recipienti grandi di rame "le quadare" che nel passato venivano portate in dote dalla donna e che ora sono di alluminio e si vendono in ogni fiera e mercato settimanale.

 

Antiche ricette antichi sapori ed antiche dolcezze; dolci delle feste religiose e dolci con valore simbolico.

Oltre ai dolci, la sollenità delle feste, seguendo un rituale antico e' accompagnata da canti propiziatori e augurali per tutta la famiglia e i vari componenti.

Questi canti "la strina" si trasmettono oralmente, hanno una storia millenaria e variano da paese a paese.

Gruppi di persone la vigilia delle feste girano per le case e cantano a "Strina" e poi vengono compensati con regali in natura, salami.farina,fichi secchi vino.

A "Strina" recita: " siti li buon truvati gran signori cumu le meglie feste dindra l'annu ce su tri feste tutte tri maggiuri; lu Pasqua lu Natale e Capudannu...e auguru tante buone feste per quantu a Napuli ce su porte e finestre e tanti buoni auguri per quantu a Napuli ce su porte e barcuni.

Mmienzu sa casa ce penne na catina potimu fare a...na regina; Mmienzu sa casa ce penna nu paddrune potimu fare a...nu barune.

Sientu nu strusciu aru tavulato chissu e' don...ca porta supessate; sientu nu strusciu ari casciuni chissu e'...ca porta paddruni.

Aru parasaccu li duole a gamba, farla priestu e nu tardare ca la strina ma de fare, e si nu mi la fai nu minne vaiu de ca". 

 

 

Dolci per le feste natalizie:

Cuddrurieddri farina impastata con il "levato" (lievito naturale) e messa a lievitare, "nella maidra o gavatune" (madia o recipiente di terracotta all'interno colorato con chiazze di smalto verde).

Sulla massa della pasta si fa una croce, quando questa scompare, la pasta e' lievita e si può friggere a forma di ciambella.

Ma prima di procedere a questa operazione si fa una croce sul muro vicino al fornello e si lascia fino a quando non cade.

Nella pasta che si gonfia si "legge" come sara'  l'anno nuovo e cosa portera' di buono o di male.

I Cuddrurieddri si fanno anche per la festa dell'Immacolata l'8 dicembre.

 

Bucconotti che si riempiono di marmellata di uva.

Turdiddri a forma di gnocchi che si ottengono passando la pasta sulla base del "crivo" (cesto), si friggono e si passano nel miele di fichi.

Scaliddri (scalette) pasta di farina si fa a strisce e si arrotola intorno al fuso per filare la lana; queste strisce vengono sfilate dal fuso e si friggono.

Le scalette hanno un valore simbolico; attraverso le scale si sale in alto, con l'avvento del cristianesimo con la fede si sale fino al cielo.

Ginetti ciambelline dolci passate nella glassa di albume di uovo.

Durante le feste natalizie, dalla vigilia di Natale fino all'Epifania la tavola doveva essere sempre apparecchiata e per la vigilia dell'Epifania la tradizione ricorda che tutti gli animali domestici debbono mangiare molto bene perchè durante la notte parlano e raccontano come vengono trattati.

Per Pasqua si fanno i Coddruri pani rituali a forma allungata o rotonda con le uova crude e incastrate che vengono cotte al forno cui si attribuiscono figure femminili e maschili.

Per Pasquetta "Pascuni" veniva fatto u fragune torta rituale rustica con salsicce e uova sode.

In altri paesi come S.Fili si usava la frittata di uova salame e ricotta.

Questi dolci insieme a prodotti della terra vengono regalati a parenti ed amici come "stimanza" che significa riconoscimento di stima e come dono propiziatorio o vengono regalati per ingraziarsi le persone importanti o rappresentative della comunità.

La vita sociale gira anche intorno a questi doni.  

 

Molto importante e' anche la lavorazione dei fichi la cui coltivazione e' molto antica.

I fichi venivano considerati nella Grecia Antica il pane dell'esercito mentre nel Sud d'Italia erano un pasto importantissimo per i contadini.

La lavorazione dei fichi secchi avviene o a livello familiare o a livello artigianale aziendale ed ha costituito per le donne fonte di lavoro stagionale con la raccolta delle castagne, delle olive e dei gelsomini.

I fichi si mettono al sole ad essiccare o su delle basi fatte di canne intrecciate "le catrizze" o nei forni.

Si possono lavorare in diversi modi facendo varie specialità che vengono immessi sul mercato nazionale ed internazionale.

Le crocette fichi a forma di croce greca di derivazione culturale e religiosa orientale bizantina e dei monaci Basiliani  imbottiti di mandorle, noci e buccia di arancia candita oppure i fichi vengono avvolti a forma di palla con le stesse foglie della pianta detti "paddruni" o le "trizze" fichi infilati a forma di treccia in bastoncini di canna conditi con aromi di arancia. 


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